Matìas Almeyda, il coraggio di rinascere

La vita di Matias Almeyda, attuale allenatore del Siviglia, può essere divisa in due grandi momenti, separati da una linea di demarcazione che segna il passaggio da un’esistenza tormentata a un riscatto professionale e, prim’ancora, personale.
Un pre e un post di un uomo che ha toccato il fondo per poi lentamente risalire, abbandonando la paura di mostrarsi fragile. Almeyda dimostra che anche il più grintoso dei mediani può trovarsi indifeso dinanzi alle insidie della vita. Ma alla fine c’è sempre tempo per rialzare la testa.
Esempio plastico di temperamento latino.
Ai giovanissimi, probabilmente, il nome di Almeyda non dirà molto. Una carriera da calciatore a dir poco erratica, conclusasi nel 2010, che l’ha visto spostarsi tra Argentina, Cile, Inghilterra, Norvegia, Spagna e Italia. Nel nostro campionato ha indossato le maglie di Lazio, Parma, Inter e Brescia. In patria, dove da giovane gli fu affibbiato il soprannome di “El Pelado”, è ancora oggi un simbolo del River Plate, guidato sia in campo che in panchina, agli albori della sua carriera da allenatore, nel 2011.
Una frenesia e un’instabilità che hanno rappresentato il tratto distintivo della sua vita privata, fatta di eccessi, di deragliamenti. Un carattere focoso, in campo e fuori, per lunghi tratti una scomodissima etichetta attaccata alla sua immagine, se non un vero e proprio fardello. Nel 2024, da allenatore dell’AEK Atene, al termine di una violenta rissa, disse: “Sono un uomo, il sangue scorre nelle mie vene”. Non un tentativo di giustificarsi, bensì un modo sintetico, netto, per spiegare chi è Matìas Almeyda.
La lotta contro la depressione e i fantasmi dell’alcol.
Nonostante una carriera ad alti livelli, con la fama, la popolarità e la ricchezza che ne discendono, le lezioni più Importanti Almeyda le ha apprese dai dolori. Su tutti, una faticosa lotta contro la depressione durata quattro anni, alimentata dalla solitudine e combattuta inizialmente col falso alleato per eccellenza, l’alcol.
Nella sua autobiografia, pubblicata al ritiro dal calcio giocato, Almeyda ha deciso di mettere nero su bianco tutti gli episodi più significativi della sua vita. Tra questi, figura quello del ricovero in ospedale dopo aver corso 5 km in pieno coma etilico, durante la sua parentesi con la maglia dell’Inter:
“Una volta ad Azul, il mio paese, ho bevuto cinque litri di vino, come fosse Coca Cola, e sono finito in una specie di coma etilico. Per smaltire, ho corso per cinque chilometri, finché ho visto il sole che girava. Un dottore mi ha fatto 5 ore di flebo. Sarebbe stato uno scandalo, all’epoca giocavo nell’Inter. Quando mi sono svegliato e ho visto tutta la mia famiglia intorno al letto, ho pensato che fosse il mio funerale”.
L’ennesima conferma di una vita vissuta al doppio della velocità.
La lezione sul concetto di “pressione”.
In una conferenza stampa dello scorso 11 settembre, l’allenatore del Siviglia, rispondendo a una domanda sulla “pressione” che i calciatori sono chiamati a sopportare, ha ripercorso le tappe principali della propria vita, spiegando come attraversare i momenti di maggiore buio gli abbia donato una consapevolezza diversa, che oggi cerca di impiegare nei rapporti personali coi suoi calciatori.

“HO SOFFERTO MOLTO. SONO STATO AIUTATO DALLA MIA FAMIGLIA E DA PROFESSIONISTI. GIOCAVO ALL’INTER E DISSI A MORATTI CHE NON VOLEVO PIÙ GIOCARE. MI RESTAVANO ANCORA DUE ANNI DI CONTRATTO. QUESTA È STATA LA MIA VITA, NON VENDO FUMO. TUTTI I CALCIATORI VIVRANNO QUEL MOMENTO, ED È PER QUESTO CHE SONO DIVENTATO ALLENATORE. È UNA PARTE BRUTTA. PER QUESTO DO PRIORITÀ AL FATTO CHE I MIEI GIOCATORI AMINO IL CALCIO E LO PRATICHINO FINCHÉ POSSONO.
QUANDO SI SMETTE DI GIOCARE, AL 95% DEI CALCIATORI IL GIORNO DOPO IL TELEFONO NON SQUILLA PIÙ. GLI AMICI CHE AVEVI NON CI SONO PIÙ, SPARISCONO GLI AMICI DEL CAMPIONE… L’HO VISSUTO SULLA MIA PELLE. SONO STATO AMICO DI MARADONA: SE È SUCCESSO A LUI, SUCCEDERÀ A TUTTI. LAVORO MOLTO SU QUESTO CON I MIEI GIOCATORI. QUANDO MI PARLANO DI PRESSIONE, RISPONDO CHE LA PRESSIONE È UN’ALTRA COSA: È POTER AVERE TUTTO E NON AVERE NIENTE. È ESSERE VISTO STESO PER TERRA COME UN CANE E NON ESSERE CAPITO… DA QUANDO SONO ALLENATORE MI SONO QUASI TRASFORMATO IN UNO PSICOLOGO: RICONOSCO CHI STA MALE, CHI SI FRUSTRA, CHI NON CI CAPISCE, E LI AFFRONTO TUTTI PER ELIMINARE IL MALESSERE”.
A Siviglia, la cura Almeyda sta funzionando.
Oggi, da allenatore, Matías Almeyda ha saputo ridare identità e compattezza a un Siviglia che sembrava essersi smarrito dopo un decennio di successi in Europa, con cinque Europa League conquistate tra il 2013 e il 2023. Il tecnico argentino sembra aver trovato la giusta alchimia con i suoi ragazzi, soprattutto grazie ad innesti di esperienza quali Alexis Sanchez e Cesar Azpilicueta, arrivati nel mercato estivo.
L’ultimo importantissimo successo è stato il 4-1 rifilato ai campioni in carica del Barcellona di Hans Flick, maturato al termine di una prestazione di grande intensità fisica e disciplina tattica. Una vittoria che al Sanchez-Pizjuan mancava dallo scorso campionato, precisamente dal 13 maggio, contro il Las Palmas. In quella circostanza i tre punti si rivelarono fondamentali per assicurarsi l’aritmetica salvezza. Tutta un’altra storia l’attuale sesto posto in classifica a pari punti con l’Atlético e a sole due lunghezze dalla zona-Champions, elementi che delineano i contorni di una serenità a medio-lungo termine.

A giudicare dai recenti risultati, si può affermare con discreta dose di certezza che con l’arrivo di Almeyda qualcosa a Siviglia sia cambiato, soprattutto sotto l’aspetto mentale. Non è di certo questa la sede in cui propinare l’illusione secondo cui sia sufficiente attraversare momenti difficili per migliorare, diventare automaticamente più bravi, più abili in un determinato ambito o in termini generali. Del resto, la vita è costellata di storie senza lieto fine. Ma se, come nel caso di Almeyda, dalla sofferenza si riesce a ricavare un insegnamento, se il dolore viene trasformato in un’occasione di apprendimento, allora può lasciare qualcosa di prezioso da mettere a frutto, un punto di forza da cui ripartire.
